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sabato 16 luglio 2011

IDOLA, FuORI! 4 - C'è grossa rimozione

Esordiamo con una banalità: il potere e la politica hanno bisogno di simboli. Simboli concreti e capaci di pulsare una storia. Con tutta evidenza, non appartiene al novero il sole delle Alpi leghista, utile al massimo ad aggrumare masse di ebefrenici avvinazzati una volta l’anno presso la loro personalissima Norimberga (analogia che auspico possa estendersi ulteriormente, fino a includere le estreme e doverose conseguenze).
Di certo, il crocefisso è il simbolo forte e identificativo di una Chiesa cattolica che, pur nella sua feroce lotta ideologica nei confronti dei processi di secolarizzazione (in ultima analisi definitivamente conclamatisi come processi di mondanizzazione borghese), ha mostrato di essere una potenza storica e politica in grado di imprimere una forma al mondo. E così, al pari del crocefisso, la falce e il martello insieme costituivano (costituiscono?) un’icona capace di incorporare l’idea di una finale e alternativa escatologia.
Si capisce come analfabeti padani e clero siano viscosamente attaccati al proprio armamentario d’immagini, anche solo per ragioni volgarmente opportunistiche. Li capisco, pur combattendoli. I leghisti li disprezzo; i cattolici li critico, ma ammiro i migliori tra loro, riconoscendo al cattolicesimo la statura di una tradizione culturale imponente. Del resto c’è reciprocità, se è vero che Ratzinger una volta disse di preferire il mondo prima del 1989.
Alla sinistra italiana le cose vanno a rovescio, non a caso proprio a cominciare dal dopo ’89. Da più di vent’anni è operativo un cantiere d’irremissibile demolizione culturale, di sciagurata rimozione dei simboli, dei concetti e della storia. E tutto senza una contropartita di alcun genere. Non è rimasto più nulla a questa sinistra se non il riferimento ossessivo e nevrotico a un nemico (?) individualizzato, dal quale poi ha mutuato tutto in termini di linguaggio e di comunicazione. Anche adesso, in piena crisi, si ripete a ciclo continuo il solito mantra: “Belusconi, Berlusconi, Berlusconi…”. Invece di provare a capirci qualcosa, di mettere sotto critica una politica fallimentare, imbelle, da morti in piedi, da partito di eletti (vecchie parole di Mussi…).
Un’identità evaporata, ma al PD preferiscono dire “Il vento sta cambiando”. Sì, come gli ectoplasmi, che niente hanno a che fare però con i celebrati spettri di altrettanto gloriosi manifesti. Va bene, cambiare è necessario, ma per diventare che cosa e a quale scopo? Forse per intercettare il voto dell’informe ceto medio? Veltroni (uscito peraltro vittorioso dalle primarie dell’epoca) ci provò, e ancora oggi ne porta le pene: dilacerazioni indelebili della sconfitta, non cicatrizzabili. Scommetto che gli fa ancora male. Spero. Sicuramente ceto medio e PD sono accomunati nella medesima privazione di forma, anzi coincidono e convergono in un unico magma spoliticizzato. Comunque, l’occasione che è all’origine di questo post è il piccolo affaire Vendola dell’altro giorno. Interessa poco sapere se davvero il leader di SEL abbia proposto di sostituire la parola “compagni” con la parola “amici”. Di fatto, nonostante la parziale ritrattazione, anche Nichi ha dimostrato di essere assoggettato a una concezione dilettantistica della politica. È possibile che “compagni” sia parola ormai incapace di identificare adeguatamente la parte politica più a sinistra, ma a tal proposito ancor meno rappresentativa risulta essere “amici”, non a caso termine predicabile di chiunque. Tutti possono essere amici di chicchessia, proprio perché “amico” è parola insufficiente a qualificare politicamente qualcuno.
Stesso discorso va fatto per l’espressione “Partito democratico”, perché potrebbe forse mai esistere oggi, dico a livello ufficiale, un “Partito anti-democratico”? Chiaro allora che quando ci si definisce democratici in senso onnicomprensivo s’intende alludere virtualmente a un partito di tutti, il che è una completa e populistica idiozia, peraltro in contraddizione logica con il significato stesso di “partito”. Evidentemente questa denuncia – in formule ancora più virulente – va ampliata anche ai banditi della destra, con i loro poli della libertà e degli onesti. Partiti erano il PCI e la DC, i quali per definizione indicavano modi speciali, irriducibili e particolari di intendere la democrazia. Visioni di parte, coerentemente chiamate a rappresentare interessi parziali, ma che trovavano comunque modo di misurarsi nella prospettiva di una risoluzione degli interessi generali del Paese. Invece adesso si va avanti così, alla festa del PD circolano i volantini con lo slogan: “La festa di tutti”. Ecumenismo d’accatto. Bravi.

6 commenti:

  1. Vedi che senza pagare stimati professori del nulla la politica la sappiamo analizzare anche noi.
    Ora abbiamo bisogno di strateghi e quelli nemmeno 40 anni di scuola di partito è riuscita a darceli. Ci hanno lasciato D'Alema e Veltroni, ci hanno lasciato. Ma andate affanculo e noi no.

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  2. Che poi i D'Alema e i Veltroni si riproducono in forme sempre più involute, i famosi "volti nuovi"...

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  3. Almeno una volta dal nome sapevi già di che partito si trattasse

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  4. @Inneres Auge
    Bisogna spezzare questa pretesa unanimità. Per tradizione e cultura il compito spetterebbe alla sinistra, ma se la sinistra si chiama Vendola...

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  5. Ottima analisi.
    In questa fase i "politici" o svuotano semanticamente i termini (l'abusato "libertà", ad esempio) oppure caricano termini neutri di significati pseudo-partitici; è il caso degli "amici" di Vendola, oppure dei "valori" dell'Italia dei Valori: di per sè onestà, trasparenza, giustizia, non sono - in un sistema democratico - valori ascrivibili solo ad un partito. Questo uso distorto delle parole ha sì un valore propagandistico, ma vuole, credo, anche celare il vuoto ideologico che sta dietro questi "partiti": quando ero in IdV i dirigenti dicevano che IdV è un partito postideologico, che si basa su idee e non ideologie; comoda scusa per adeguare il proprio programma politico "alla giornata" (à la carte...) e per raccattare consensi degli elettori senza (in)formazione politica.

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