IL BLOG


IL MOVIMENTO REALE AL FOTOFINISH CON LO STATO DI COSE LATENTE.


mercoledì 30 novembre 2011

IDOLA, FuORI! 18 - Essere periferici

Ho idea che la vita abbia inizio quando s'incontra qualcosa su cui delirare. Animali, stagioni, oggetti, dottrine. Malevič si è consumato nel corpo a corpo con le proprie irriducibili chimere. "Ribellarsi alla tirannia delle cose". È il giusto complemento all'espressione artaudiana secondo la quale l'esistenza che troviamo già apparecchiata (dalla famiglia, dalle istituzioni, dai rapporti di produzione, dalla specie etc.) è solo stupida abiezione. Ma nessuno ci garantisce a priori un incontro con il delirio, con l'occasione per delirare. Solo i nevrotici credono che tutto sia loro dovuto, come per diritto naturale (la libertà, l'amore, la vita...).

sabato 19 novembre 2011

martedì 15 novembre 2011

IDOLA, FuORI! 17 - Governo tecnico

Il capitalismo sembra non essere più controllabile. La tecnica – come paradigma del razionalismo strumentale e acquisitivo, dell’intellettualismo calcolante, del neutralismo apolitico, delle configurazioni ordinative automatiche – non lo è certamente, a maggior ragione nell’epoca della totale estrinsecazione della sua potenza. Il corredo ideologico del vecchio soggetto moderno oggi sgambetta autonomamente, del tutto immemore della propria origine.

La speranza di dirigere i processi, notoriamente ultima a morire, s’è suicidata ben prima dei titoli di coda.

Le tecnostrutture ovunque dissociano, estraggono e riuniscono. Promuovono cioè certe dinamiche comunicative, certe circolazioni affettive, nel medesimo tempo separando le singolarità irretite nella coazione dalla pienezza concreta del bios: separano dall’essenza, dalla potenza, dalla produzione, dall’amore, dall’amicizia etc. Queste possono darsi, ma solo all’interno di un quadro già frantumato, in un rapporto di alienazione, in cui il dominio di una ratio puramente strumentale vige incontrastato. L’uomo, come progetto politico e autopoietico, è compiutamente abortito, appena preceduto nel decesso dai suoi feticci e dalle sue chimere.

Anche l’opposizione istintiva è quindi lotta condizionata materialmente da un meccanismo ostile che risponde colpo su colpo all’ammutinamento di colui che è captato nell’automaticità di sistema.

C’è da inventarsi una paradossale manovra à la Munchausen, senza indulgere a ingenue nostalgie umanistiche e romantiche, e senza naufragare nel narcisismo infantile della condizione nichilistica.

Paradossale non significa comunque impossibile. Potrebbe essere un paradosso facile, come "facile" è la decisione. E questo implica, evidentemente in forme rinnovate, la vecchia questione della costruzione del soggetto.

sabato 12 novembre 2011

Think tank


L’altra elite. Quella organizzata attorno alle politiche di potenza e dell’interesse, 
quella che (oggi) ci straccia 1 a 99.

martedì 8 novembre 2011

IDOLA, FuORI! 16 - Spirito d'elite

La vita è breve. Imparare a leggere in filigrana il reale – senza farsi distrarre dalla spettacolarità dei ritmi evenemenziali e dall’obsolescenza dell’attualità (si dimette/non si dimette; il male minore/il peggio etc.) – è fatica dura. Vale la pena non perdere tempo, il che significa bruciare le edicole, annientare la RAI, chiudere account facebook e assumere la postura dell’Angelus novus: unico estremismo valido in questa fase, e per di più corredato di piacevolissimi effetti collaterali, esclusivamente fruibili da chi sa godere sul serio: quella che io chiamo l’elite – milioni di anni luce distante dalla “casta” e dalle miserie olgettine –.

La storia della politica è storia delle avventure della mediazione, del rapporto tra istituzione e società che consente – non senza opacità residuali – il trascorrere del particolare nell’universale. Ci passa attraverso tutto l’Occidente, dall’idealismo platonico, passando per le gerarchie ontologiche medievali fondate sulla sostanzialità degli universali (l’ordine già dato e solido dell’essere), fino al nominalismo di Hobbes – la cui apertura al trascendente si esprime in termini di mera esigenza di forma e di ordine –, alla costruzione del soggetto moderno, alla Aufhebung hegeliana, alla critica marxista nelle sue diverse sfaccettature etc.

Ecco, l’antipolitica indica il comodo rifiuto infantiloide di confrontarsi con tutto questo. Ovviamente, antipolitica significa tecnicismo, volgare prassi amministrativa di Palazzo, banditi al governo. Ma antipolitica è anche la cattiva immediatezza della poltiglia del cuore che percorre certa indignazione dal basso, cioè quella dell’opinione pubblica cianciante ovunque, sollecitata a parlare bene/male del potere su mandato dissimulato del potere stesso.

Grillini, dipietrini, santorini, comencinini, i crassi catalizzatori dei malumori di massa, gli apprendisti stregoni dell’illusionismo tecnocratico, delle reattività gastriche e delle coazioni prostatico-ovarico-uterine. In una parola, il vulgus tanto temuto dall’autore del Trattato Teologico-Politico.

Spinoza dunque, ma anche Hegel. Antipolitica è la pretesa di auto-rappresentazione senza idee, senza partito, senza organizzazione, senza progetto costituente, senza metodo, ma con presente davanti alle cataratte l’immagine confusa dell’idolo di turno da maledire. Presente il toro nell’arena? Antipolitica è il formalismo implicito alla credenza nella placida modulazione progressiva individuo privato-istituzione-universalismo. In fondo, nient’altro che la solita grande astrazione liberale, secondo cui la somma dei privati costituirebbe immediatamente la dimensione pubblica dello Stato.

La buona immediatezza concreta, interna alla mediazione, ma in grado di eccederla per iperpoliticità, quella che Marx vedeva nel proletariato, dov’è oggi? Forse in quel formidabile laboratorio politico che è la Val di Susa, e ovunque si sviluppi consapevolezza e strategia, nella rabbia, ma anche nella gioia (passione spinoziana) di resistere, ovvero di creare collettivamente pratiche e concetti, forti della propria preparazione. La buona elite.