Se il sovrano,
nelle parole di Carl Schmitt, è colui che può proclamare lo stato di eccezione
e sospendere così legalmente la validità della legge, allora lo spazio proprio
della sovranità è uno spazio paradossale, che è, nello stesso tempo, dentro e
fuori l'ordinamento giuridico. Che cos'è, infatti, una eccezione? È una forma
dell'esclusione. È un caso singolo, che è escluso dalla norma generale. Ma ciò
che caratterizza l'eccezione è che ciò che è escluso non è semplicemente senza
rapporto con la legge; al contrario, la legge si mantiene in relazione con essa
nella forma della sospensione. La norma si applica all'eccezione
disapplicandosi, ritirandosi da essa. L'eccezione è veramente, secondo una
possibile etimologia del termine (excapere) presa fuori, inclusa attraverso la
sua stessa esclusione.
Propongo
(raccogliendo un suggerimento di Jean-Luc Nancy) di chiamare bando (dall'antico
termine germanico che designa tanto l'esclusione dalla comunità che il comando
e l'insegna del sovrano) questa relazione tra la norma e l'eccezione che
definisce il potere sovrano. Colui che è, in questo senso, «messo al bando» non
è solo escluso dalla legge, ma questa si mantiene in relazione con lui
abbandonandolo.
Per questo del
«bandito» (in questo senso più ampio, che include l'esiliato, il rifugiato,
l'apolide) non è possibile dire (come del sovrano) se egli sia dentro o fuori
l'ordinamento.
(Giorgio Agamben, Mezzi senza fine)