IL BLOG


IL MOVIMENTO REALE AL FOTOFINISH CON LO STATO DI COSE LATENTE.


mercoledì 25 gennaio 2017

Sempre in Movimento, sostare è retrocedere


Cercavamo una porta per uscire. Eravamo prigionieri del buio. Pensavamo di non farcela. Ci avevano detto che le finestre e le porte erano murate. Che non esisteva un'uscita. Poi abbiamo sentito un flusso di parole e di pensieri che veniva da chissà dove. Da fuori. Da dentro. Dalla rete, dalle piazze. Erano parole di pace, ma allo stesso tempo parole guerriere. Le abbiamo usate come torce nel buio, come chiavi da girare nella serratura per andare altrove, in posti sconosciuti, verso noi stessi. 

E ora siamo fuori, siamo usciti nella luce e non ci siamo ancora del tutto abituati. Stringiamo gli occhi e, anche se sappiamo che stiamo percorrendo l'unica via possibile, abbiamo qualche timore, ed è normale, ma lo slancio vitale del popolo italiano non fu e non sarà mai fermato.

Quello che sta succedendo ora in Italia non è mai successo prima nella storia delle democrazie moderne. Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, una rivoluzione democratica, non violenta, che sradica i poteri, che rovescia le piramidi. Il cittadino che si fa Stato ed entra in Parlamento in soli tre anni. Quello che abbiamo fatto è importante, ma per noi è più importante quello che faremo.

Abbiamo capito che eravamo noi quella porta chiusa, che le parole guerriere erano da tempo dentro di noi, ma non volevano venire fuori, pensavamo di essere soli e invece eravamo moltitudine. Il numero è potenza, e adesso siamo sorpresi che così tante persone, a noi del tutto sconosciute, avessero i nostri stessi pensieri, le nostre speranze, le nostre angosce. 

Ci siamo finalmente riconosciuti uno nell'altro e abbiamo condiviso parole guerriere. Parole che erano state abbandonate da tempo, di cui si era perso il significato, sono diventate delle armi potenti che abbiamo usato per cambiare tutto, per ribaltare una realtà artificiale dove la finanza era economia, la menzogna era verità, la guerra era pace, la dittatura era democrazia.

Parole guerriere dal suono nuovo e allo stesso tempo antichissimo, come comunità, onestà, partecipazione, solidarietà, sostenibilità si sono propagate come un'onda di tuono e sono arrivate ovunque annientando la vecchia politica, perché la più profonda eloquenza è nei fatti.

Siamo diventati consapevoli della realtà, poiché il popolo italiano ascolta le parole, ma giudica dai fatti. Sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze, che il Paese è in macerie e che quello che ci aspetta sarà un periodo molto difficile e non si dovrà aver paura di aver coraggio. Ci saranno tensioni, problemi, conflitti, ma la via è tracciata, fermarsi significa retrocedere.

L'abbiamo trovata questa via e ci porta verso il futuro, un futuro forse più povero, ma vero, concreto, solidale e felice. Tanto maggiori sono gli ostacoli e tanto più precisa e diritta deve essere la nostra volontà di superarli. Noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.

C'è una nuova Italia che ci aspetta. Sarà bellissimo farne parte, l'intero secolo sta innanzi a noi.

B.

lunedì 23 gennaio 2017

Rifugiati, rispettate il Pane


Il campo è zona d’indifferenza fra pubblico e privato e, insieme, matrice nascosta dello spazio politico in cui viviamo.
Il rifugiato, spezzando il nesso fra uomo e cittadino, diventa, da figura marginale, fattore decisivo della crisi dello Stato-nazione moderno.
[Giorgio Agamben, Mezzi senza fine]

Il ministro degli Interni Minniti ha anticipato la sua strategia per le prossime settimane, spiegando che l’intenzione del governo è di arrivare all’apertura di un Cie in ogni Regione che possa far fronte all’esigenza di tenere sotto controllo gli irregolari evitando, come spesso è accaduto sinora, di doverli lasciare andare proprio perché non ci sono strutture in grado di trattenerli come invece prevede la legge. 
[Corriere della Sera – 16 dicembre 2016]

Chiediamo tempi rapidi per le risposte sulle richieste di asilo, risorse certe, rispetto delle quote stabilite e lavoro obbligatorio gratuito per i migranti. 
[presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello] 

Se il rifugiato rappresenta, nell’ordinamento dello Stato-nazione, un elemento così inquietante, è innanzitutto perché, spezzando l’identità fra uomo e cittadino, fra natività e nazionalità, esso mette in crisi la finzione originaria della sovranità. Singole eccezioni a questo principio erano, naturalmente, sempre esistite: la novità del nostro tempo, che minaccia lo Stato-nazione nei suoi stessi fondamenti, è che porzioni crescenti dell’umanità non sono più rappresentabili al suo interno.
Per questo, in quanto, cioè, scardina la vecchia trinità Stato-nazione-territorio, il rifugiato, questa figura apparentemente marginale, merita di essere, invece, considerato come la figura centrale della nostra storia politica.
È bene non dimenticare che i primi campi furono costruiti in Europa come
spazio di controllo per i rifugiati, e che la successione campi di internamento-campi di concentramento-campi di sterminio rappresenta una filiazione perfettamente reale.
Una delle poche regole cui i nazisti si attennero costantemente nel corso della «soluzione finale», era che solo dopo essere stati compiutamente denazionalizzati (anche di quella cittadinanza di seconda classe che
spettava loro dopo le leggi di Norimberga), gli ebrei e gli zingari potevano essere inviati nei campi di sterminio.
Quando i suoi diritti non sono più diritti del cittadino, allora l’uomo è veramente sacro, nel senso che questo termine ha nel diritto romano arcaico: votato alla morte.
[Giorgio Agamben, Mezzi senza fine]

lunedì 16 gennaio 2017

Da una élite all'altra


We shall go on to the end. We shall fight in France, we shall fight on the seas and oceans, we shall fight with growing confidence and growing strength in the air, we shall defend our island, whatever the cost may be.

[W. Churchill, 4 June 1940]


Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough. 

[M. Draghi, 26 July 2012]

sabato 7 gennaio 2017

Μάρτυρες


2. Humachina è oggettivazione sempre rinnovata del Grande Rimosso – il Novecento –, il trauma destinato a tornare come sintomo nelle patologie del Terzo millennio.
[da Humachina manifesto]