In quanto i suoi abitanti sono stati spogliati di ogni statuto politico e ridotti
integralmente a nuda vita, il campo è anche il più assoluto spazio biopolitico
che sia mai stato realizzato, in cui il potere non ha di fronte a sé che la
pura vita biologica senz’alcuna mediazione. Per questo il campo è il
paradigma stesso dello spazio politico nel punto in cui la politica diventa
biopolitica e l’homo sacer (l’uomo
votato alla morte) si confonde
virtualmente col cittadino.[…] Se questo è vero, se l’essenza del campo
consiste nella materializzazione dello stato d’eccezione e nella conseguente
creazione di uno spazio per la nuda vita come tale, dovremo ammettere, allora,
che ci troviamo virtualmente in presenza di un campo ogni volta che viene
creata una struttura, indipendentemente dall’entità dei crimini che vi sono
commessi e qualunque ne siano la denominazione e la specifica topografia. Sarà
un campo tanto lo stadio di Bari in cui nel 1991 la polizia italiana ammassò
provvisoriamente gli immigrati clandestini albanesi prima di rispedirli nel
loro paese, che il velodromo d’inverno in cui le autorità di Vichy raccolsero
gli ebrei prima di consegnarli ai tedeschi, tanto il campo profughi al confine
con la Spagna nei cui pressi morì Antonio Machado, che le zones d’attente negli aeroporti
internazionali francesi in cui vengono trattenuti gli stranieri che
chiedono il riconoscimento dello statuto di rifugiato.
(Giorgio Agamben, Che cos'è un campo?, in Mezzi senza fine, note sulla politica, 1996)
Homo sacer e Zyclon B...
RispondiEliminamancano solo le docce...
Pensa che il libro di Agamben è del 1996, e da allora ha trovato solo puntuali conferme. C'è anche un capitolo sulla transizione I-II Repubblica, intitolato Diario italiano, che è ancora la migliore analisi che si possa fare di questo Stivale.
RispondiEliminaDevo cercarlo...
RispondiEliminaContiene in forma germinale temi che ha poi sviluppato in saggi successivi, tra cui "Homo sacer" e "Quel che resta di Auschwitz".
RispondiElimina