IL BLOG
IL MOVIMENTO REALE AL FOTOFINISH CON LO STATO DI COSE LATENTE.
mercoledì 13 dicembre 2017
venerdì 8 dicembre 2017
domenica 3 dicembre 2017
giovedì 23 novembre 2017
lunedì 20 novembre 2017
giovedì 2 novembre 2017
lunedì 16 ottobre 2017
lunedì 2 ottobre 2017
giovedì 14 settembre 2017
martedì 5 settembre 2017
Osemdeseta – I lunghi anni ’80 e l’eredità del 1989 [I parte]
Nel corso del 2017, la Moderna
galerija di Ljubljana ha organizzato un ciclo di importanti mostre che illustrano la peculiarità degli anni ’80 in Slovenia e in Jugoslavia. Tra
la morte di Josip Broz e la caduta del muro di Berlino intercorre una fase
carica di premonizioni in cui è possibile cogliere in filigrana i profondi
cambiamenti politico-sociali che hanno plasmato il presente. Elementi
fondamentali per la comprensione del nostro tempo giacciono appunto in quegli
anni, e la Jugoslavia del dopo-Tito – in particolare – costituisce un ambito di
studio formidabile per capire gli sviluppi che avrebbero successivamente investito
l’Europa e l’Occidente. Le questioni drammatiche che sono andate a
specificarsi allora sono infatti le stesse che attualmente dominano la contemporaneità: il complesso rapporto tra Stato e sovranità, i conflitti tra lavoro
e capitale globale, le relazioni tra democrazia ed economia, i contatti tra politica e arte.
Dal 1980, diversi movimenti
artistici tentarono energicamente in Jugoslavia di trascendere la parabola del
socialismo al crepuscolo e le circostanze sociali in cui l’arte risultava
ancora implicata, tanto criticando direttamente la situazione politica di
allora, quanto cercando di sviluppare un mercato dell’arte. Artisti e
lavoratori impiegati nei settori culturali divennero catalizzatori per nuovi
fenomeni artistici e sociali. Si aprirono nuovi spazi urbani che divennero
presto luoghi d’incontro per l’elaborazione di azioni politiche e culturali in
grado di investire la società a tutti i livelli e trasversalmente. Uno di
questi centri, luogo di attrazione per molti giovani artisti e teorici, fu
certamente la Galerija ŠKUC di
Ljubljana. Tale spazio divenne un laboratorio per mettere alla prova nuove
prospettive attraverso la manipolazione di media differenti, dirigendo nel contempo il tiro della critica sulla sclerotizzata
cultura istituzionale e sulle teorie impolitiche del modernismo.
A Maribor, a
Koper e in altre città, la cosiddetta “alternative scene” andava rafforzandosi
anche grazie all’apporto di giornali come Tribuna e di riviste come Mladina
e Problemi. Le persone coinvolte vedevano le
proprie attività strettamente connesse a una pratica intrinsecamente
socializzante e collettiva. Lo scopo era quello di stabilire una differenza tra sé e le
politiche culturali mainstream, espressioni dell’ideologia dominante, evitando nello
stesso tempo l’emarginazione, e anzi cercando di ottenere un riconoscimento
sociale e politico. Particolarmente illustrativo di tale volontà fu
l’evento-festival Homoseksualnost in kultura (1984).

(Fine prima
parte)
Fonti: Osemdeseta/
the Eighties – Petek, 21. Aprila 2017. Izdala Moderna galerija,
Ljubljana.
Qui la seconda parte
Qui la seconda parte
giovedì 31 agosto 2017
lunedì 28 agosto 2017
mercoledì 16 agosto 2017
martedì 8 agosto 2017
ἀρχή
Estate 2017
Humachina ha intrapreso un viaggio di solo ritorno.
Come il fuoco d'artificio, i cui frammenti illuminano in caduta il percorso compiuto.
venerdì 21 luglio 2017
lunedì 3 luglio 2017
A voi tutti!
Compagni, Camerati,
Poiché tutto è eternamente sul punto di accadere ed è già accaduto,
in occasione del VII annuale di Humachina,per individuare i grandi progressi fatti registrare
anche quest'anno dalle umane civiltà,
si
rinnova l'invito
allo sviluppo collettivo del documento Osservatorio permanente [Zeitgeist], con integrazione dei
vostri nuovi preziosi commenti-contributo [che verranno pubblicati con link ai vostri siti].
Humachina non ha infatti
estensione superiore al volume delle vostre risposte, ed essa non avrà mai
torto fintantoché voi continuerete ad avere ragione.
Inserite i vostri commenti-contributo
al presente post, questi saranno poi progressivamente integrati nell'Osservatorio permanente.
Tenacemente,
Humani Instrumenta Victus
mercoledì 28 giugno 2017
martedì 20 giugno 2017
lunedì 12 giugno 2017
martedì 6 giugno 2017
domenica 28 maggio 2017
Brixia f.
Brescia, come città
propriamente detta, come polis e
spazio politico, non esiste. Le sue piazze non sono luoghi d’incontro, bensì
corridoi di transito per collegare un centro commerciale all’altro, “mura o
navi vuote di uomini” spazzate oggi dai venti dell’ideologia del decoro urbano e
della gentrificazione. Brescia è un
gigantesco outlet. Chiesa, caccia e crematistica sono infine le tre “c” che ne
qualificano impietosamente l’essenza.
Come contravveleno, la colonna
lombarda del collettivo Humani Instrumenta Victus/Humachina prende ufficialmente
posizione in merito all’annosa questione che tutt’oggi divide la cittadinanza
bresciana, dichiarandosi entusiasticamente d’accordo a ricollocare la statua
del Dazzi in Piazza della Vittoria – suo spazio originario –, a patto di abbatterla
subito dopo con selvaggio impeto e con qualsiasi mezzo.

Ogni atto inaugurale di
nuovo diritto è atto necessariamente violento, e la perdita graduale di tale
consapevolezza nel tempo deve essere letta come sicuro decadimento delle
attuali istituzioni liberaldemocratiche. La violenza iconoclasta, periodicamente
diretta contro la statua Era fascista (popolarmente
nota come Bigio), costituirà dunque non una banale rammemorazione della
vittoria storica sul nazifascismo, bensì la concreta e festosa
ripresentificazione dell’evento stesso di liberazione con cui gli italiani, più
di settanta anni fa, stabilirono quale nuova forma dovesse assumere la propria
esistenza politica.
Siamo nettamente contrari
alla museificazione, poiché operazione pilatesca, imbelle e pusillanime di
neutralizzazione pubblica. Opzione che oggi, 28 maggio, si presenta ancora più pavida
e filistea.
mercoledì 24 maggio 2017
mercoledì 17 maggio 2017
sabato 13 maggio 2017
martedì 9 maggio 2017
mercoledì 3 maggio 2017
domenica 30 aprile 2017
martedì 25 aprile 2017
Ovunque garrisca il Tricolore!
Bratje Italijani!
Italija se je prebudila,
s Scipionovo čelado
si je okrasila glavo.
Kje je Zmaga?
Naj se ji prikloni,
saj kot sužnjo Rima
jo je ustvaril Bog.
Postrojimo se v kohorte,
pripravljeni smo na smrt.
Pripravljeni smo na smrt,
Italija nas je pozvala.
Stoletja smo bili
zatirani in zasmehovani,
ker nismo en narod,
ker smo razdeljeni.
Naj nas ena zastava
in eno upanje združi.
Napočil je čas,
da združimo moči.
Združimo se, ljubimo se,
zveza in ljubezen
razkrivata ljudem
Gospodovo pot.
Zaprisežimo se svobodi
svojega naroda:
kdo nas more, zaboga,
združene premagati?
Od Alp do Sicilije,
povsod je Legnano;
vsakdo kot Ferruccio
ima srce, ima roko,
otrokom Italije
je ime Balilla;
zvok vsake trobente
je klic k Vesprom.
To šibje zmaguje
nad prodanimi sabljami:
avstrijski orel
je že izgubil perje.
Kri Italije,
kri Poljske,
je pil skupaj s kozaki,
a mu je požgala srce.
lunedì 17 aprile 2017
giovedì 13 aprile 2017
Blu di Prussia
lunedì 10 aprile 2017
mercoledì 5 aprile 2017
mercoledì 29 marzo 2017
mercoledì 22 marzo 2017
mercoledì 15 marzo 2017
Giulio Mazzarino
Prenda pur volentieri per se altri tutta la stima;
tu va
in traccia per te d'una ferma, e robusta potenza.
lunedì 13 marzo 2017
lunedì 6 marzo 2017
Ευθανασία
Morale per medici – Il malato
è un parassita della società. In una certa condizione è indecente vivere più a
lungo. Il continuare a vegetare in codarda dipendenza dai medici e dalle pratiche
loro, poi che è andato perduto il senso della vita, il diritto alla vita, dovrebbe attrarre su di sé un
profondo disprezzo nella società.
I medici, dalla loro parte, dovrebbero essere
gli intermediari di tale disprezzo – niente ricette, bensì ogni giorno una
nuova dose di schifo per i loro
pazienti… Creare una nuova responsabilità, quella del medico, per tutti i casi
nei quali l’interesse supremo della vita, della vita ascendente, richiede che si reprima e si sopprima senza
alcun riguardo la vita degenerante –
ad esempio per il diritto alla procreazione, per il diritto di nascere, per il diritto di vivere… Morire con
fierezza, se non è possibile vivere con fierezza.
La morte, scelta liberamente,
la morte effettuata nel tempo giusto, con chiarezza e gaiezza, in mezzo a figli
e a testimoni: in maniera che sia ancora possibile un reale congedo, quando chi
si congeda sia ancora presente, come
pure una reale valutazione di quanto si è conseguito e voluto, una somma della vita – tutto questo in contrasto con quella meschina e orrenda commedia che il
cristianesimo ha fatto dell’ora della morte.
Non si deve mai dimenticare che il
cristianesimo ha abusato della debolezza del morente per violentarne la
coscienza, e del modo medesimo di morire per dare giudizio di valore sull’uomo
e sul suo passato! – Qui si tratta, malgrado tutte le viltà del pregiudizio,
soprattutto di fissare il giusto, ossia fisiologico apprezzamento della
cosiddetta morte naturale: la quale,
tutto sommato, è anche essa solamente una morte “innaturale”, un suicidio. Non si
perisce mai a motivo di altro, ma di se stessi. Soltanto che la morte nelle
condizioni più disprezzabili è una morte non libera, una morte in un tempo sbagliato, una morte da vili.
Si dovrebbe, per amore
della vita, - volere una morte
diversa, libera, cosciente, senza casi fortuiti, senza sorprese…
Infine un
consiglio ai signori pessimisti e altri décadents. Noi non abbiamo nelle nostre mani il potere di impedire di venir
generati: ma possiamo riparare a tale errore – poiché talvolta è un errore. Quando
ci si sopprime, si fa la cosa più
degna di stima che si dia: con questo, quasi si merita di vivere… La società,
ma cosa dico! La vita medesima ha più giovamento da ciò che da una qualsiasi “vita”
vissuta nella rinuncia, nella clorosi e in altre virtù – si è liberato gli
altri dalla propria vita, si è liberato la vita da un’obiezione…
Il pessimismo, pur, vert, si dimostra in
primo luogo attraverso l’autoconfutazione dei signori pessimisti: si deve
proseguire nella sua logica, non solamente negare la vita con la “volontà e
rappresentazione”, come ha fatto Schopenhauer… Il pessimismo, detto per inciso,
per quanto sia così contagioso, ciò malgrado non incrementa complessivamente la
morbosità di un’epoca, di una generazione: esso ne è l’espressione. Si è
esposti a esso, come si è esposti al colera: si deve di già essere abbastanza predisposti
a esso. Il pessimismo medesimo non produce alcun décadent in più, rammento i risultati della
statistica secondi cui gli anni in cui infuria il colera non si differenziano
dagli altri in relazione all’ammontare globale dei casi di morte.
[F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli]
mercoledì 1 marzo 2017
giovedì 23 febbraio 2017
Rivincita del Sole
1. “Die Kunst, das ist, Sie erinnern sich, ein marionettenhaftes, jambisch-fünffüßiges und – diese Eigenschaft ist auch, durch den Hinweis auf Pygmalion und sein Geschöpf, mythologisch belegt – kinderloses Wesen.” (Paul Celan, Meridian, S.2). In un’ora imprecisata e crepuscolare del tempo della fine avanza a passi incerti l’automa spettrale dell’arte d’avanguardia. Ha una sorprendente somiglianza con la figura marionettesca descritta da Celan in Meridian. Si agita freneticamente e, come ai tempi di Danton, maledice senza fine la teatralità di Robespierre, colpevole di essere diventata solo una crudele e dannata istituzione. Poi la triste marionetta si accascia non dando più segni di vita e lasciando senza risposta l’enigma di quelle maledizioni, che indicavano nell’arte come istituzione il male radicale, la materia perversa dell’arte. [...]
[Matarrese, F., Sul declino dell'arte d'avanguardia, prosegue qui]
lunedì 20 febbraio 2017
lunedì 13 febbraio 2017
Μυθολογία
Abbiamo imparato dalla storia degli ultimi anni che ci
potrebbe essere un'Europa a differenti velocità e che non tutti parteciperanno
ai vari passi dell'integrazione europea.
[Fraus Merkel]
L’Europa, dopo Jünger, non è nulla più che “una peculiare
opportunità per i Tedeschi”.
[Karl Löwith]
venerdì 10 febbraio 2017
lunedì 6 febbraio 2017
lunedì 30 gennaio 2017
mercoledì 25 gennaio 2017
Sempre in Movimento, sostare è retrocedere
Cercavamo una porta per uscire. Eravamo
prigionieri del buio. Pensavamo di non farcela. Ci avevano detto che le
finestre e le porte erano murate. Che non esisteva un'uscita. Poi abbiamo
sentito un flusso di parole e di pensieri che veniva da chissà dove. Da fuori.
Da dentro. Dalla rete, dalle piazze. Erano parole di pace, ma allo stesso tempo
parole guerriere. Le abbiamo usate come torce nel buio, come chiavi da girare
nella serratura per andare altrove, in posti sconosciuti, verso noi stessi.
E ora siamo fuori, siamo usciti nella luce e non ci siamo ancora del tutto abituati. Stringiamo gli occhi e, anche se sappiamo che stiamo percorrendo l'unica via possibile, abbiamo qualche timore, ed è normale, ma lo slancio vitale del popolo italiano non fu e non sarà mai fermato.
E ora siamo fuori, siamo usciti nella luce e non ci siamo ancora del tutto abituati. Stringiamo gli occhi e, anche se sappiamo che stiamo percorrendo l'unica via possibile, abbiamo qualche timore, ed è normale, ma lo slancio vitale del popolo italiano non fu e non sarà mai fermato.
Quello che sta succedendo ora in Italia non è mai successo prima nella storia delle democrazie moderne. Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, una rivoluzione democratica, non violenta, che sradica i poteri, che rovescia le piramidi. Il cittadino che si fa Stato ed entra in Parlamento in soli tre anni. Quello che abbiamo fatto è importante, ma per noi è più importante quello che faremo.
Abbiamo capito che eravamo noi quella porta chiusa, che le parole guerriere erano da tempo dentro di noi, ma non volevano venire fuori, pensavamo di essere soli e invece eravamo moltitudine. Il numero è potenza, e adesso siamo sorpresi che così tante persone, a noi del tutto sconosciute, avessero i nostri stessi pensieri, le nostre speranze, le nostre angosce.
Ci siamo finalmente riconosciuti uno nell'altro e abbiamo condiviso parole guerriere. Parole che erano state abbandonate da tempo, di cui si era perso il significato, sono diventate delle armi potenti che abbiamo usato per cambiare tutto, per ribaltare una realtà artificiale dove la finanza era economia, la menzogna era verità, la guerra era pace, la dittatura era democrazia.
Parole guerriere dal suono nuovo e allo stesso
tempo antichissimo, come comunità, onestà, partecipazione, solidarietà,
sostenibilità si sono propagate come un'onda di tuono e sono arrivate ovunque
annientando la vecchia politica, perché la più
profonda eloquenza è nei fatti.
Siamo diventati consapevoli della realtà, poiché il popolo italiano ascolta le parole, ma giudica dai fatti. Sappiamo che possiamo contare solo sulle nostre forze, che il Paese è in macerie e che quello che ci aspetta sarà un periodo molto difficile e non si dovrà aver paura di aver coraggio. Ci saranno tensioni, problemi, conflitti, ma la via è tracciata, fermarsi significa retrocedere.
L'abbiamo trovata questa via e ci porta verso il futuro, un futuro forse più povero, ma vero, concreto, solidale e felice. Tanto maggiori sono gli ostacoli e tanto più precisa e diritta deve essere la nostra volontà di superarli. Noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.
C'è una nuova Italia che ci aspetta. Sarà
bellissimo farne parte, l'intero secolo sta innanzi a noi.
B.
lunedì 23 gennaio 2017
Rifugiati, rispettate il Pane
Il campo è zona d’indifferenza
fra pubblico e privato e, insieme, matrice nascosta dello spazio politico in
cui viviamo.
Il rifugiato, spezzando il nesso fra uomo
e cittadino, diventa, da figura marginale, fattore decisivo della crisi dello
Stato-nazione moderno.
[Giorgio Agamben, Mezzi
senza fine]
Il ministro degli Interni
Minniti ha anticipato la sua strategia per le prossime settimane, spiegando che
l’intenzione del governo è di arrivare all’apertura di un Cie in ogni Regione che possa far fronte all’esigenza di tenere
sotto controllo gli irregolari evitando, come spesso è accaduto sinora, di
doverli lasciare andare proprio perché non ci sono strutture in grado di
trattenerli come invece prevede la legge.
[Corriere
della Sera – 16 dicembre 2016]
Chiediamo tempi
rapidi per le risposte sulle richieste di asilo, risorse certe, rispetto delle
quote stabilite e lavoro
obbligatorio gratuito per i migranti.
[presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello]
Se il rifugiato rappresenta, nell’ordinamento dello
Stato-nazione, un elemento così inquietante, è innanzitutto perché, spezzando l’identità
fra uomo e cittadino, fra natività e nazionalità, esso mette in crisi la
finzione originaria della sovranità. Singole eccezioni a questo principio
erano, naturalmente, sempre esistite: la novità del nostro tempo, che minaccia
lo Stato-nazione nei suoi stessi fondamenti, è che porzioni crescenti dell’umanità
non sono più rappresentabili al suo interno.
Per questo, in quanto, cioè, scardina la vecchia trinità Stato-nazione-territorio,
il rifugiato, questa figura apparentemente marginale, merita di essere, invece,
considerato come la figura centrale della nostra storia politica.
È bene non dimenticare che i primi campi furono costruiti in
Europa come
spazio di controllo per i rifugiati, e che la successione
campi di internamento-campi di concentramento-campi di sterminio rappresenta
una filiazione perfettamente reale.
Una delle poche regole cui i nazisti si attennero
costantemente nel corso della «soluzione finale», era che solo dopo essere
stati compiutamente denazionalizzati (anche di quella cittadinanza di seconda
classe che
spettava loro dopo le leggi di Norimberga), gli ebrei e gli
zingari potevano essere inviati nei campi di sterminio.
Quando i suoi diritti non sono più diritti del cittadino,
allora l’uomo è veramente sacro, nel senso che
questo termine ha nel diritto romano arcaico: votato alla morte.
[Giorgio Agamben, Mezzi
senza fine]
lunedì 16 gennaio 2017
Da una élite all'altra
We shall go on to the end. We shall fight in France, we shall fight on the seas and oceans, we shall fight with growing confidence and growing strength in the air, we shall defend our island, whatever the cost may be.
[W. Churchill, 4 June 1940]
Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough.
[M. Draghi, 26 July 2012]
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