Non è affatto corretto sostenere che le verità scientifiche si producano e si affermino, per una sorta di reclamata incontrovertibilità, in uno stato di immacolata purezza, estraneo al contesto politico ed economico-istituzionale in cui si sono effettivamente generate, soprattutto nell’epoca della sussunzione totale al capitale. Chi ignora la storicità dei rapporti sociali e di produzione pecca di ideologia e ricade in una concezione borghese (perciò feticistica e merceologica) dell’esistenza. Le idee non si concepiscono in laboratorio, e oltretutto ogni concetto implica una volontà di potenza più o meno santa, più o meno criminale.
Il comportamentismo – giusto per fare un esempio – non fa eccezione, in quanto vettore di un’antropologia e di un modello di sviluppo ben precisi: i suoi tempi e i suoi spazi sono quelli artificiali dell’efficientismo fordista e taylorista, dello sfruttamento alla catena di montaggio (poiché quanto più si contrae la frazione della giornata lavorativa relativa al lavoro necessario, tanto più il capitale si valorizza), della subordinazione a un potere disciplinare che si costituisce e si applica all’interno di omologhe unità di internamento. Non solo la fabbrica, quindi, ma anche la scuola, la caserma, la prigione e l’ospedale. Il successo e il vasto fronte di applicabilità di questa teoria, specialmente in area anglosassone – vale a dire in ambiti determinati da avanzata industrializzazione –, non sono casuali.
Il declino delle teorie skinneriane e l’insorgenza del cognitivismo riflettono una tendenza reale nello sviluppo del capitalismo, orientato alla diretta reificazione delle qualità umane (comunicazione, affettività, sessualità, dinamicità, diversificazione dei compiti ecc.) in competenze immateriali, in valore di scambio. Si cavalca l’onda della rivoluzione telematica, delle reti informatiche, dell’economia che eccede la teoria del valore-lavoro, della ricchezza che non si costituisce più nelle tot. ore di lavoro in fabbrica, ma che aumenta in ragione di rapporti sempre più mondializzati.
Ecco perché oggi gli psicopedagogisti – senza probabilmente rendersi delle ragioni storiche concrete – parlano tanto dell’importanza di sviluppare intelligenze multiple. Assistiamo a un continuo perfezionamento della scienza dell’individuale perché oggi il plusvalore non si estrae più da masse indifferenziate, concentrate in reparti di fabbrica, bensì da singolarità operative che si relazionano in rete (certo non perché siamo diventati improvvisamente tutti “più buoni” e “più premurosi” nella cura delle diversità interpersonali).
Quelle del comportamentismo sono verità confermate sperimentalmente, ma ormai obsolete in rapporto all’attuale modo di produzione. In ogni caso sono anche verità basse, riduttive, a volte stupide e mai innocenti, come lo sono quelle oggi dominanti. Se ai tempi di Skinner il modello del lavoratore era l’operaio-massa, oggi è il lavoratore flessibile in precarietà permanente. Resta solo inalterata la ferocia dell’abuso.
diversa è la risposta a tale abuso, una risposta di rifiuto pressoché inesistente incentrata sull'individualismo più spietato.
RispondiEliminaPurtroppo è così. Per ora. Almeno fino a quando la politica non tornerà a parlare e a imporre il proprio linguaggio.
RispondiElimina