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domenica 25 settembre 2011

IDOLA, FuORI! 11 - Apologia della crisi

La crisi – non quella triste, finanziaria o di governo – è fisiologia, occasione per produzione di essere. Kairós. Non malattia dalla quale riprendersi o fuggire in cerca di conforto, ché anche se lo fosse non sarebbe tanto qualcosa da cui guarire, quanto qualcosa su cui investire.
Nietzsche, Rabelais, Cervantes, Gombrowicz sono più saggi di Freud. Abbiamo bisogno di un esordio, non di un’eziologia, men che meno di una causa prima. Cerchiamo una techne, non una morale, non una giustificazione. Ci deve bastare come punto di partenza. Qui s’inaugura il processo di costruzione di un piano politico e di vita: Il grande evento comincia al di là di tutto ciò che esiste, dunque in un luogo sconosciuto e con un uomo sconosciuto (Althusser, Machiavelli e noi). È come Don Chisciotte; a Cervantes non interessa la genealogia della sua pazzia, l’esordio è l’hidalgo cui si è seccato il cervello per via del gran leggere.

Sì, un punto di partenza. Invano lo si cercherebbe all’inizio. Non cominciamo da una ragione cartesiana che sia prima e assoluta, perché si parte sempre nel bel mezzo di una pratica. Lo sa bene Spinoza (il più saggio di tutti): In verità il problema si pone qui negli stessi termini che per gli strumenti materiali, a proposito dei quali si potrebbe argomentare allo stesso modo. Infatti per forgiare il ferro occorre un martello, e per avere un martello è necessario farlo; e per farlo occorre un altro martello ed altri strumenti, per avere questi occorreranno altri strumenti e così all’infinito; in questo modo invano si cercherebbe di provare che gli uomini non hanno alcuna possibilità di forgiare il ferro. Ma come gli uomini all’inizio potevano fare con gli strumenti naturali cose facilissime, sebbene faticosamente e imperfettamente, e fatte queste ne eseguirono altre più difficili con minore fatica e maggiore perfezione, e così gradatamente procedendo dai lavori più semplici agli strumenti e dagli strumenti ad altri lavori e ad altri strumenti, arrivarono al punto da eseguire tanti e tanto difficili lavori con poca fatica – così anche l’intelletto con la sua forza innata si fa degli strumenti intellettuali con i quali si acquista altre forze per altre opere intellettuali e da queste opere si forma altri strumenti, ossia il potere d’indagare ulteriormente; e così avanza gradatamente fino ad attingere il culmine della sapienza (TEI § 30-31).

Essere attivi senza vita interiore, senza identità, senza sapere bene che cosa si vuole ottenere, ma con il presentimento che inaugurando una prassi si riuscirà prima o poi a trovare qualcosa che faccia al caso nostro. Un errare produttivo in cerca di occasioni, di avventure durante le quali ci costruiremo un’arma.

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