Il campo è zona d’indifferenza
fra pubblico e privato e, insieme, matrice nascosta dello spazio politico in
cui viviamo.
Il rifugiato, spezzando il nesso fra uomo
e cittadino, diventa, da figura marginale, fattore decisivo della crisi dello
Stato-nazione moderno.
[Giorgio Agamben, Mezzi
senza fine]
Il ministro degli Interni
Minniti ha anticipato la sua strategia per le prossime settimane, spiegando che
l’intenzione del governo è di arrivare all’apertura di un Cie in ogni Regione che possa far fronte all’esigenza di tenere
sotto controllo gli irregolari evitando, come spesso è accaduto sinora, di
doverli lasciare andare proprio perché non ci sono strutture in grado di
trattenerli come invece prevede la legge.
[Corriere
della Sera – 16 dicembre 2016]
Chiediamo tempi
rapidi per le risposte sulle richieste di asilo, risorse certe, rispetto delle
quote stabilite e lavoro
obbligatorio gratuito per i migranti.
[presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello]
Se il rifugiato rappresenta, nell’ordinamento dello
Stato-nazione, un elemento così inquietante, è innanzitutto perché, spezzando l’identità
fra uomo e cittadino, fra natività e nazionalità, esso mette in crisi la
finzione originaria della sovranità. Singole eccezioni a questo principio
erano, naturalmente, sempre esistite: la novità del nostro tempo, che minaccia
lo Stato-nazione nei suoi stessi fondamenti, è che porzioni crescenti dell’umanità
non sono più rappresentabili al suo interno.
Per questo, in quanto, cioè, scardina la vecchia trinità Stato-nazione-territorio,
il rifugiato, questa figura apparentemente marginale, merita di essere, invece,
considerato come la figura centrale della nostra storia politica.
È bene non dimenticare che i primi campi furono costruiti in
Europa come
spazio di controllo per i rifugiati, e che la successione
campi di internamento-campi di concentramento-campi di sterminio rappresenta
una filiazione perfettamente reale.
Una delle poche regole cui i nazisti si attennero
costantemente nel corso della «soluzione finale», era che solo dopo essere
stati compiutamente denazionalizzati (anche di quella cittadinanza di seconda
classe che
spettava loro dopo le leggi di Norimberga), gli ebrei e gli
zingari potevano essere inviati nei campi di sterminio.
Quando i suoi diritti non sono più diritti del cittadino,
allora l’uomo è veramente sacro, nel senso che
questo termine ha nel diritto romano arcaico: votato alla morte.
[Giorgio Agamben, Mezzi
senza fine]
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