Epoca
Chi potrà, mia epoca, mia
belva,
fissarti nelle pupille un
istante
e di due secoli agganciare
le vertebre
incollandole con il
proprio sangue?
Le cose terrestri dalla
gola
zampillano sangue
carpentiere;
sul limitare dei nuovi
giorni
chi, se non il mangiaufo,
trema?
La creatura fino a che c’è
vita
deve in giro portare la
sua schiena,
e l’onda, il flutto al
gioco si affidano
di un’invisibile spina
dorsale.
Tenera cartilagine di
bimbo
è l’epoca neonata della
terra:
di nuovo hanno sacrificato
l’apice
della vita come fosse un
agnello.
Per scioglier l’epoca
dalle catene,
per dare inizio a un mondo
nuovo
bisogna, a mo’ di flauto,
unire insieme
le piegature dei nodosi
giorni.
È l’epoca a gonfiare d’angoscia
umana il flutto che s’increspa;
e l’aurea
misura dell’epoca ha il
respiro
della vipera nascosta fra
l’erba.
E ancora le gemme si
gonfieranno,
la vegetazione schizzerà
talli,
ma, epoca mia, bellissima
e grama,
è in pezzi la tua spina
dorsale.
E con un povero sorriso
demente
ti volti a guardare
crudele e fiacca,
come una belva che fu
agile un tempo,
le orme lasciate dalle tue
zampe.
Osip Mandel’štam